Perché Julia Ducournau dà fastidio a molti?

Perché Julia Ducournau dà fastidio a molti?

Il primo lungometraggio di Julia Ducournau, Raw, parla di amore fisico, animalesco – quello che scatena il risveglio di Justine (Garance Marrilier) – ma anche amore familiare, dove amare qualcuno significa accettarne i difetti e stargli accanto a prescindere da tutto. I genitori di Justine sono riusciti a trovare un equilibrio nella loro vita, ma temevano così tanto che le loro figlie non ne fossero in grado che hanno tenuto nascosti i loro istinti naturali, il che porta solo alla repressione, alla frustrazione e infine all’esplosione. Le persone non possono sfuggire a ciò che sono, e questo film lo ricorda con forza.

Il secondo lavoro di Ducournau, Titane, vincitore della Palma d’Oro, spinge ancora di più su questi temi. Raw mostra l’importanza dei legami di sangue e dei legami forti all’interno delle famiglie, mentre Titane presenta una famiglia che viene scelta.

I didn’t want to glamorise anything, especially with the girls’ bodies, a body is a body. In every movie we see, women have to be beautiful and fit or whatever the hell, and they have to fit a certain box, and no: women fart, poop, pee, burp. This is why you can relate to them, because they are not these heavenly creatures; they are real people with real feelings, and when they go down, they go down. This is something we don’t see enough of. We’re all equal with our bodies, so fuck off.

Il titolo di una recensione della BBC lo definiva il film più scioccante dell’anno. Da quel momento in poi, l’idea che Titane sia un film che punta solo a scioccare il pubblico è diventata pervasiva, sia nelle recensioni che sui social media.

Titane è già stato spesso etichettato come una provocazione, qualcosa di scioccante per il gusto di scioccare, ridotto al riassunto di una sola riga una donna fa sesso con una macchina. Non fraintendetemi, in Titane qualcuno fa sesso con un’auto, ma ritenere che questo atto di scopata transumana definisca l’intero film è una semplificazione eccessiva.

Il potere e la provocazione che esistono in Titane non derivano dal valore di shock o dalle esplosioni di violenza, ma dal fatto che il film è così difficile da definire: Alexia (Agathe Rousselle) può sempre essere il figlio di Vincent (Vincent Lindon), ma in un modo che non è legato all’identità di genere. Ridurlo a un film sul car-sex significa non tenere conto della gloriosa confusione che rende Titane così gratificante, in quanto si immerge in profondità nelle contraddizioni di come vogliamo essere visti, di come il mondo ci percepisce e dell’agonia e dell’estasi di colmare questo divario.

Il finale del film è ottimista: la nascita di questo ibrido uomo-auto rappresenta la speranza di un futuro volto all’accettazione delle unicità. Sia Alexia che Vincent sono stati vittime di una società maschilista, patriarcale e conforme al genere, poco interessata ai legami veri e all’accettazione della propria identità. Questo bambino può cambiare tutto ciò: la vera nuova carne di cui Cronenberg parlava in Videodrome.

Titane è stato paragonato da molti ai film di David Cronenberg, primo tra tutti Crash. La verità è che con Titane Julia Ducournau ha superato Cronenberg nel campo che gli era proprio 25 anni fa. In Crash la tecnologia funziona come un’estensione del sé e la feticizzazione della tecnologia pianta un seme negli esseri umani, trasformandoli in qualcosa di completamente diverso. Questa idea è presente anche in Titane, ma in un modo più contemporaneo: non è solo il rapporto tra l’uomo e la tecnologia a creare narrazioni, ma l’apertura del genere stesso e ciò che significa controllare il proprio corpo, assicurandosi che sia percepito nel modo in cui ci si vede.

Questi due film – tre, considerando anche Tetsuo di Shin’ya Tsukamoto – si inseriscono in un filone formato non solo dal rapporto mutevole che esiste tra gli esseri umani e la tecnologia, ma anche dai modi in cui le persone hanno iniziato a capire che l’identità di genere non è un concetto così semplice e binario come poteva sembrare un tempo.

L’arco narrativo di questi tre film si sviluppa lungo queste linee, in modo tale da offrire una crescente quantità di agency a coloro che vedono i propri concetti di corpo – di genere- messi in discussione. Tutti e tre i film hanno al centro la stessa preoccupazione: come reagire quando le proprie percezioni di genere, sesso e desiderio vengono stravolte dalla presenza invasiva della tecnologia.

I think that women’s violence in films is very constantly justified, which is kind of infuriating when you think about it because it’s not necessarily the case with guys. I’m personally very disturbed, enraged, hurt by the fact that for real in life, as women, we are constantly designated victims, the moment you get out of your home, and you get into the public, public space, you are treated like a victim.

Ma man mano che i film diventano più contemporanei – dal Tetsuo di fine anni ’80 al Titane del XXI secolo – c’è un fattore chiave che cambia con il tempo: più il film è contemporaneo, più i personaggi hanno potere sui propri corpi e su come rispondono ai cambiamenti al loro interno.

Chissà cosa riserverà il futuro a Julia Ducournau, se continuerà a lavorare nel regno dell’horror e del fantastico. Con soli due film è riuscita a sovvertire le aspettative del body horror, mostrando le mutazioni delle donne come precorritrici di un cambiamento positivo, dove il genere e la sessualità possono essere fluidi e l’amore controlla davvero tutto.



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